Guardando le immagini gelate delle Cascate del Niagara dello scorso inverno, ho ripensato al mio viaggio in quegli stessi scenari, ben 10 anni fa. Era il mio secondo periodo newyorkese e con la mia coinquilina Jenny (svedese, ma di origini cinesi), avevamo deciso di visitare le cascate forse più famose al mondo.
Ammetto che, avendo optato per un’agenzia un po’ nascosta nelle viuzze di Chinatown, avevo una certa inquietudine sulle sistemazioni offerte dal pacchetto, ma un patto con la mia roommate mi aveva resa più ottimista. Se, nelle camere, ci fossimo imbattute in quegli insetti scuri chiamati scarafaggi (di cui io ho una fobia spropositata – e quelli americani sono davvero enormi!), se ne sarebbe occupata lei; se avessimo avuto come ospiti dei topi (fobia sua), li avrei gestiti io.
Certo, questo mio coraggio (tra l’altro palesemente fasullo e immotivato) nell’essere disposta ad affrontare una pantegana piuttosto che uno scarafaggio potrebbe risultare un tantino scriteriato quanto masochista, ma in un momento di estrema spavalderia decido di siglare l’accordo e procedere alla prenotazione.
Probabilmente il fatto di incontrare ogni tanto qualche topastro come fruitore della metropolitana notturna newyorkese aveva scatenato in me un non so che di impavido verso i roditori!
Del resto, avevo molto più bisogno io dell’aiuto di Jenny che lei del mio: Il pullman era pronto per partire e l’unica occidentale ero io! Le lingue assicurate sul dépliant avrebbero dovuto essere cinese, mandarino e inglese, ma di quest’ultimo idioma nessuna traccia: inutile anche cercare di capire il momento di switch tra il linguaggio mandarino, quello cinese e quello anglosassone: Jenny quindi era l’unico mio ponte di comunicazione con tutto il resto della ciurma, guida compresa!
E così, in viaggio sulle strade dello stato di New York, si arriva alla prima tappa prevista: il Corning Museum of Glass, un museo situato nell’omonima cittadina, dove ammirare sculture, anzi, vere e proprie opere d’arte in vetro, assistere a dimostrazioni sulla sua lavorazione e scoprire le ultime applicazioni di questo materiale in campo scientifico e tecnologico.
Essendo l’unica occidentale, già a inizio viaggio avevo avuto un vago sentore sui gusti culinari della totalità del mio “gruppo vacanze”; non avrei però pensato che TUTTI i pranzi e le cene sarebbero stati scanditi da una sola parola: China Buffet, all you can eat, sognando disperatamente per colazione un cappuccino e un croissant, o un qualsiasi altro alimento che avesse una vaga parvenza dolce.
Dopo Corning il pullman riparte in direzione Toronto per una visita ai luoghi principali della città canadese, tra cui la Cn tower e Nathan Phillips Square (probabilmente la sua piazza più bella e conosciuta); e non poteva certo mancare una capatina nella sua Chinatown, dove io e Jenny (la sua parte svedese aveva ormai preso il sopravvento), provate dalle ultime cene e pranzi in ristoranti a base esclusivamente di cibo asiatico all you can eat, a dispetto di tutti gli stuzzicanti ristorantini vietnamiti, thailandesi e giapponesi, siamo letteralmente fuggite, trovando rifugio in un piccolo locale che vendeva pizza!
Dopo una passeggiata nella moderna e vivace Chinatown canadese ed esserci ricongiunte alla comitiva, arriviamo finalmente alle tanto attese Niagara Falls.
Un primo assaggio (e che assaggio!) di queste meravigliose cascate ci viene offerto la sera stessa del nostro arrivo, osservandole dalla Skylon Tower, dove le luci contribuiscono ad aumentarne la magia e la spettacolarità. Ma è il giorno successivo, quando alla luce del sole te le ritrovi davanti, che realizzi a pieno il loro immenso carisma.
Non sono le cascate più alte del mondo, ma ammirarle da una distanza così ravvicinata fa davvero venire i brividi, guardare giù, vederle a poco più di un metro di distanza (o almeno questo è lo spazio percepito), osservando al contempo tutta la potenza, la maestosità, la pericolosità e la meraviglia di questi imponenti gettiti d’acqua, non ha prezzo!
E se si vuole aumentare l’adrenalina che ormai aleggia nell’aria, ci si può imbarcare sul battello “Maid of Mist”, dove, muniti di poncho, si riesce quasi ad andare sotto i gettiti (ovviamente quasi, ma a seconda delle condizioni meteo e della temerarietà del capitano ci si avvicina davvero molto!). Insomma, dopo averle osservate da varie angolazioni, non posso far altro che constatare che queste cascate sono uno degli spettacoli più mozzafiato che la natura mi abbia regalato!
Per finire, una piccola postfazione è d’obbligo: con mia graditissima sorpresa e in barba alle mie riluttanze iniziali, tutti gli alberghi proposti si sono rivelati ottimi, i compagni di viaggio senza dubbio caratteristici (nonostante non sia riuscita a creare con loro un grande feeling a causa di un’impervia incompatibilità linguistica), ma soprattutto, non abbiamo dovuto battagliare con nessun essere vivente a noi sgradito, riuscendo così a mantenere, almeno nei confronti dell’ingenua Jenny, la nomea di audace guerriera di roditori!